La Gana by Jean Douassot

La Gana by Jean Douassot

autore:Jean Douassot [Douassot, Jean]
La lingua: eng
Format: epub
editore: Gog Edizioni
pubblicato: 2022-01-14T23:00:00+00:00


[…]

Nel barcone sonnecchiavamo tutti quanti. La nonna ruppe il silenzio.

«Ehi, gente! Che fannulloni, perdio!».

Levo il capo. È al buio, ma la vedo. Gli altri sono tutti intorno a me. Sento le loro voci e già ne riconosco alcune.

«Fiammiferi», domanda qualcuno, senza dubbio il magrolino: ma ha la voce grave e quasi irriconoscibile.

«Ehi, vecchio», urlava lo zio, «fai luce».

«Come?» urlò lui.

«Luce, non si vede nulla».

Il vecchio si stava frugando nelle tasche. Mi urtò. In un canto, qualcuno cercava di far prendere un accendino. Ma, o che mancasse lo stoppino o la benzina, fatto sta che faceva cilecca. Le scintille della pietrina rischiaravano debolmente un piccolo spazio. Il vecchio non si raccapezzava più. Niente luce, disse dopo un momento. Dev’essere sulla tavola.

«No», gli dissi io, «prima non c’era».

«Aspettate», disse il padrone, «vado in fondo a prendere un fiammifero».

La luce venne, ma ora bisognava trovare il petrolio. E non ce nera.

«C’è un po’ d’olio? Ci mettiamo uno stoppino e sarà un po’ meglio di ora».

Sentivo che non s’erano ancora svegliati tutti.

Un momento dopo sgorgò un debole chiarore. M’accostai e mi chinai sulla lucerna. Scatola di latta, goccia d’olio, stoppino di sacco, un fil di ferro perché non affondi.

Risultato scarso, ma comunque, luce.

«Piccolo», disse lo zio, «andiamo a casa».

«Aspettiamo un po’».

«Dev’essere tardi», mi disse. «Ehi, vecchio, si va?».

«Sì, dev’esser tardi».

«Come», urlò la nonna, «mi piantate? Brutti porci che non siete altro, ma se non ho ancora avuto il tempo di vedervi. Non ve ne andate, rimanete un altro momento», chiese.

Un’altra lampada, fabbricata dalla stessa persona di prima, era spuntata fuori e illuminava l’altro capo della tavola.

«Ne faccio un’altra?» chiese quello.

«Fanne una davanti al bambino, così ci lascerà in pace, e si divertirà», gli rispose la vecchia. «Vai, bamboccio, vai a vedere come fa: è un ingegnere».

Associai l’immagine dell’ingegnere a quella del marito della Perny. Come faceva, quel vagabondo, a essere ingegnere? M’avvicinai a lui. Era felicissimo d’avere un ammiratore.

«Allora, vuoi che ne faccia una davanti a te?».

«Sì».

«Hai visto le altre due? bene, ora ne facciamo un’altra».

«È vero che sei ingegnere?» gli chiesi.

«È vero; e inventavo anche delle lampade, ma non come questa. Lampade per i negozi, con certi sistemi di luce. Niente male: ma mi piace di più farle coi barattoli vuoti. E a te che ti piace di più: quelle che puoi fare con dei pezzetti di latta e una goccia d’olio, o quelle altre, con fili, bottoni, viti a mucchi, e rame?».

Era chiaro che mi piaceva di più fare quei lavoracci lì, dato che per gli altri non avrei neanche potuto comprare il materiale; e poi far lumi con i barattoli vuoti dev’essere molto facile.

Ricominciò l’operazione davanti a me.

Bisognava trovare un barattolo. Non ce nera uno che già andasse bene. Perciò uscimmo. Gli andai dietro, con piena fiducia. Ora non c’era più un vagabondo che mi facesse paura.

Mi prese per mano. Gli uomini chiedevano da bere al padrone. Si parlava d’accendere il fuoco, di fare un goccio di caffè, giusto per scaldarsi prima d’andar via. La nonna troneggiava in mezzo alla tavolata.



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